Alighiero Boetti (Torino, 16 dicembre 1940- Roma, 24 aprile 1994) Insieme con Giovanni Anselmo, Pier Paolo Calzolari, Gilberto Zorio, Mario Merz, Jannis Kounellis, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Giuseppe Penone ha fatto parte del gruppo Arte Povero. Allo stesso tempo è stato anche uno dei più precoci a distaccarsene.
Nel 1972 si trasferisce a Roma, contesto più affine alla sua predilezione per il Sud del mondo. Già l’anno precedente ha scoperto l’Afghanistan e avviato il lavoro artistico che affida alle ricamatrici afghane, tra cui le Mappe, i planisferi colorati che riproporrà lungo gli anni, come registro dei mutamenti politici del mondo.
Artista concettuale e versatile, moltiplica le tipologie di opere la cui esecuzione, spesso, viene delegata con regole ben precise ad altri soggetti e altre mani, assecondando il principio del ‘la necessità e il caso’: così i ricami di lettere, piccoli o grandi, e multicolori; o i Tutto, fitti puzzle in cui si ritrovano silhouette eterogenee tra cui sagome di oggetti e di animali, immagini tratte da riviste e carta stampate, e molto altro, davvero ‘tutto’.
Boetti propone a sé stesso dei sistemi nei quali agire, spesso coinvolgendo altre persone. Oppure sono la matematica, la geografia, la geometria a fornire la piattaforma delle proprie scelte. Il suo lavoro mette in discussione il ruolo tradizionale dell'artista, interrogando i concetti di serialità, ripetitività e paternità dell'opera d'arte.
Dopo l'opera Gemelli il filo comune che lega molti suoi lavori è sottendere nel processo creativo un dualismo di intenti, dualismo che lo porta a firmarsi Alighiero e Boetti. Questo avviene specialmente dopo la sperimentazione con i materiali poveri quando Boetti si trasferisce nellacapitale e decide di ripartire veramente da qualcosa di semplice, una matita e un foglio di carta quadrettato.
I meccanismi che inventerà per i suoi lavori sono strutture di pensiero applicabili alle cose senza potersi esaurire. Una volta reso chiaro il principio che li genera si staccano da schemi soggettivi e permettono la libertà di autogenerarsi come le cose della natura