La supervista di Bruno
C’era una volta, in una piccola cittadina affacciata sul Mar Adriatico, un giovane di nome Bruno Cerasi.
Il ragazzo conduceva la sua vita tranquilla e regolare e, tra i successi scolastici e le serate con la sua band, aveva deciso di iscriversi all’università per diventare un ingegnere. Iniziò a frequentare i corsi e a collezionare risultati eccellenti, tuttavia un desiderio inespresso cominciava a farsi spazio nella sua anima. Le formule matematiche e i progetti non lo accontentavano più, aveva bisogno di creare. Immaginare di diventare un artista in un mondo fatto di meccanismi e automatismi è assai più complicato di pensare ad una carriera da ingegnere in giacca e cravatta, ma Bruno, tormentato nel cuore e nella mente da un sentimento d’inquietudine, prese coraggio e scelse la via dell'arte.
Era notte quel 24 dicembre quando Bruno, come spesso faceva, uscì con i suoi amici. L’atmosfera a Roseto era frizzante, il cielo stellato, le persone sorridenti e l’aria pungente veniva riscaldata dalle luci di Natale. Stava bevendo una birra con i suoi amici in un bar della sua città quando un formicolio gli attraversò il corpo. Dieci, venti, trenta, quaranta secondi… il suo volto si paralizzò e lui rimase immobile. Qualcosa, come un fulmine, gli aveva attraversato lo spirito. Meno di un minuto e tutto tornò come prima, ma Bruno si sentiva strano e decise di tornare a casa, nel tepore del suo letto, per riprendersi dalla scossa che lo aveva colpito. Era la mattina di natale e, coperto dal piumone fino alla punta del naso, il ragazzo non sapeva ancora che di lì a poco sarebbe venuto a conoscenza di qualcosa che gli avrebbe cambiato la vita per sempre. Un superpotere si era impossessato del suo corpo. Si alzò con un forte mal di testa quella mattina e appena aprì gli occhi la magia fece il suo corso. La sua vista non era più come prima, solo un cono centrale, una prospettiva frontale rimase inalterata, i contorni sparirono e le quinte laterali dei suoi occhi smisero di funzionare. Un ictus aveva colpito Bruno la sera della vigilia di Natale del 2009 e la sua vista non fu più la stessa da quel giorno, ma non erano solo i suoi occhi ad essere cambiati. Bruno capì che non poteva più reprimere quel desiderio inespresso di creare e così ripose quel sentimento d'inquietudine tipico di chi si assume la responsabilità di essere felice e continuò per la sua strada con un vigore diverso.
E’ grazie a questa favola se le opere di Bruno ci raccontano il buio e la luce, le geometrie, i coni, le prospettive. Lui riesce con dei piccoli segni nello spazio a farci vedere il mondo dai suoi occhi che, seppur offuscati, forse vedono più nitidamente dei nostri. I suoi lavori parlano della sua favola e della sua oscurità, ma anche del buio del mondo e del suo rapporto con la luce. A pensarci, l’arte o la musica non esisterebbero se gli esseri umani non fossero in grado di vedere o sentire eppure Beethoven era sordo, ma per comporre gli occorreva il cuore. Grazie al suo superpotere Bruno riesce a guardare oltre come Lucrezio, Orazio o D’Annunzio che, in quanto poeti vati, avevano il compito di offrire al popolo un diverso punto di vista. A Bruno, quella sera, venne donato un nuovo senso.